OLIO & DIABETE MELLITO

 

Il diabete è un gruppo di malattie caratterizzato da iperglicemia (eccessiva concentrazione di zucchero nel sangue) ed è causato da un difetto della azione e/o secrezione dell’insulina.

Il diabete mellito di tipo 2 è il più frequente rispetto alle altre forme di diabete ed è comunemente definito come “diabete dell’anziano” perché circa la metà dei pazienti ha un’età superiore ai 60 anni, per quanto negli ultimi anni si stia abbassando l’età media di insorgenza.

Impropriamente è anche chiamato “diabete alimentare”, perché sebbene vi sia una predisposizione ereditaria, un’erronea alimentazione e uno stile di vita sedentario contribuiscono alla sua insorgenza.

In Italia oltre 3 milioni di persone ne soffrono e almeno 1 milione è a rischio o già ne soffre senza saperlo. L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che regolarizza l’utilizzo dello zucchero (glucosio) da parte delle cellule dell’organismo. La sua azione metabolica si esplica a livello del fegato, del muscolo e del tessuto adiposo. La probabilità di sviluppare il diabete aumenta qualora in famiglia vi siano soggetti affetti (genitori, fratelli o sorelle) da diabete mellito, se si è in sovrappeso o obesi, e in particolare se l’indice di massa corporea (BMI), rappresentato dal rapporto fra peso e altezza al quadrato, supera il valore di 25 o se la misura della circonferenza della vita supera 88 centimetri nella donna e 102 centimetri nel maschio, se il colesterolo HDL (non aterogeno) è basso e i trigliceridi sono alti, se si svolge poca attività fisica e infine, per le donne, se si ha una storia positiva per diabete durante la gravidanza (diabete gestazionale). Una delle cause che senz’altro possono provocare il diabete è l’obesità e in particolare la forma centrale (o viscerale o addominale) che rappresenta una delle condizioni che più determina insulino resistenza. Il tessuto adiposo rappresenta inoltre un importante organo endocrino capace di produrre ormoni e regolare sia il metabolismo glicidico (degli zuccheri) che lipidico (colesterolo), favorendo nel soggetto obeso l’aumento dei trigliceridi, la riduzione del colesterolo HDL e incremento delle LDL (colesterolo aterogeno), fattore che predispone a condizioni negative come l’aterosclerosi e quindi l’incremento del rischio di patologie cardiovascolari (infarto miocardico e ictus), ipertensione arteriosa e diabete.

Il diabete mellito tipo 1 deriva dalla distruzione delle cellule del pancreas che producono l’insulina per un problema di natura infiammatoria o autoimmunitario da cui deriva un difetto quasi completo della produzione di insulina. Tipicamente questa forma di diabete colpisce persone di giovane età potendo manifestarsi già nei primi anni di vita e necessita obbligatoriamente di una terapia con insulina. Il diabete mellito di tipo 2 invece è caratterizzato da resistenza all’azione dell’insulina a livello degli organi che sono normalmente bersaglio come muscolo, fegato, cuore e grasso. A causa di questa resistenza il pancreas prova a compensare producendo più insulina (insulino-resistenza) e quando non riesce più in questo meccanismo di compenso la glicemia sale e appare il diabete.

I sintomi del diabete mellito sono correlati al grado di iperglicemia e quando la glicemia è particolarmente alta si può avere poliuria (aumento della quantità di urine nelle 24 ore), polidipsia (aumento della sete e dell’introito di liquidi) e polifagia (aumento dell’appetito), mentre in cronico il diabete mellito non controllato porta a gravi e spesso irreversibili complicanze che possono interessare organi vitali come il rene, il cuore, l’occhio, il sistema nervoso, il sistema circolatorio, può determinare il quadro del piede diabetico, condizioni che segnano negativamente la qualità della vita del soggetto interessato, potendo determinare anche gravi sofferenze fino al decesso, con importanti risvolti socio-economici.

L’intolleranza glucidica (IGT), o alterata glicemia a digiuno (IFG), rappresentano 2 situazioni intermedie tra la normale tolleranza glucidica e il diabete mellito, anche se entrambe le situazioni sono a rischio per il possibile sviluppo di diabete mellito e malattie cardiovascolari.

Il primo approccio terapeutico nella cura del diabete di tipo 2, e soprattutto nei soggetti obesi, è rappresentato dalla prescrizione di una dieta composta dal 40% al 50% di carboidrati complessi, dal 10% al 20% di proteine e dal 30% massimo di grassi monoinsaturi, come l’olio di oliva, ed esercizio fisico (almeno 20-30 minuti tutti i giorni o 150 minuti la settimana), in quanto entrambi favoriscono la riduzione del peso corporeo ed aumentano la sensibilità all’insulina. Il cambiamento dello stile di vita dovrebbe includere una dieta povera di grassi saturi e colesterolo, ma ricca di frutta, vegetali e fibre tipica della dieta mediterranea, un concetto sviluppato già nel 1950, e che si riferisce alle abitudini alimentari di individui che vivono appunto nel bacino del Mediterraneo. La dieta mediterranea è un modello di mangiare che combina con successo il sapore e gli effetti positivi del cibo sulla salute. La dieta mediterranea non rappresenta un modello omogeneo ed esclusivo tra le popolazioni del bacino del Mediterraneo, ma trova forti analogie in quanto rappresenta una dieta sana, basata sull’alto consumo di verdura, frutta fresca, pesce e uso di olio di oliva come principale fonte di grassi. Vi sono ormai ampie prove basate su studi epidemiologici che supportano l’effetto protettivo di questo modello di dieta per lo sviluppo di diabete mellito di tipo 2, basti pensare al continente americano dove la cultura del fast-food, di bevande gassate, di cibi ricchi di grassi animali e la forte tendenza alla sedentarietà sta creando un’allarmante prevalenza di obesità, diabete mellito e patologie cardio-circolatorie con gravissime ripercussione socio-economiche.

Il diabete tipo 2, come altre patologie come l’aterosclerosi, il Parkinson, il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare, il declino cognitivo, il cancro, sono tutte patologie dell’invecchiamento e la dieta mediterranea, ricca di olio di oliva, sostenuta da studi recenti che dimostrano con fermezza che proprio la dieta mediterranea è compatibile con un più sano invecchiamento della popolazione e una maggiore longevità.

All’olio extravergine di oliva viene attribuito il merito di effetti protettevi sull’endotelio e sullo stress ossidativo che può stare alla base di molte patologie cardiocircolatorie diminuendo il rischio di malattie cardiovascolari, migliorando il profilo lipidico e la pressione arteriosa. Inoltre l’olio di oliva, e precisamente l’acido oleico, il suo principale costituente, si è dimostrato come efficace e importante fattore di riduzione dell’insulino resistenza portando a un miglior metabolismo del glucosio riducendo i livelli di glicemia.

Inoltre un gruppo di studiosi Napoletani ha dimostrato che, confrontando due campioni di soggetti diabetici, uno a dieta libera e l’altro seguendo lo stile della dieta mediterranea, con una particolare attenzione alle dosi di pasta, hanno dimostrato che il gruppo sotto dieta mediterranea non solo era dimagrito di più ma aveva ottenuto un miglior compenso glicometabolico (espresso da valori di emoglobina glicosilata sotto 7) ricorrendo all’assunzione di farmaci solo nel 44% rispetto al 70% dell’altro gruppo.

Quindi, sia a soggetti diabetici che non diabetici, e ancor di più agli adolescenti, è raccomandato uno stile dietetico che risponda alle caratteristiche della dieta mediterranea ricca di olio extravergine di oliva, frutta, verdura e pesce nel rispetto delle nostre tradizioni, della nostra cultura e sfruttando il privilegio di avere un territorio che ci offre i prodotti di cui abbiamo bisogno e che il mondo intero ci invidia.

Dr. Riccardo Mansani

 

 

 

 

 

 

 

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